8-2006
Il nevaio di
Fonte Rionne è situato nel versante sud-occidentale del monte
Infornace (2469 m.), anticima ovest del Monte Prena (2561 m.) facente
parte della catena del Gran Sasso d'Italia.
Il versante
meridionale del Monte Prena è roccioso e tormentato da guglie,
pinnacoli e alte pareti, e si presenta inciso da canaloni.
Il nevaio è
situato all’interno di una forra tra alte pareti dolomitiche nel
canalone centrale tra i tre canali che incidono il versante compreso
tra la Forchetta di Santa Colomba (2290 m.) e Monte Infornace(2469
m.).
E’ uno dei
nevai più spettacolari del Gran Sasso, incastonato com’è
nel selvaggio ambiente del versante meridionale del M. Prena, pieno
di ardite guglie, slanciate torri e profondi valloni. Il Nevaio si
trova nel versante sud-occidentale del M. Prena, intorno quota
2050-2200 m, a "riempire" la parte più incassata e
profonda del ramo sinistro orografico del fosso di fonte Rionne. La
sua alimentazione è principalmente eolica, senza trascurare
però, importanti accumuli sia diretti che valanghivi. Eolica
perchè lo stretto e profondo vallone di Fonte Rionne si trova
spesso sottovento durante le forti tempeste invernali, riuscendo a
"catturare" così tutta o quasi la neve trasportata
dai venti (specie quelli di grecale) che spesso spazzano la lunga
costiera Brancastello-Infornace-Prena. Da non trascurare ripeto, sono
sia la componente diretta, vista la quota abbastanza elevata del
nevaio che garantisce buoni apporti nevosi da novembre a maggio, sia
quella da valanga che, specie in primavera, cadono dalle alte pareti
e i ripidi canali circostanti il canale.
Nonostante
l'esposizione a SW e la quota non proprio da ghiacciaio, il nevaio si
conserva bene e spesso resiste per l’intera stagione, anche dopo
estati calde, grazie alla posizione incassata che evita lunghe
esposizioni dirette ai raggi solari. A luglio si può
presentare ancora possente, allungato a seguire il tutto il fondo
della forra per quasi mezzo chilometro, con uno spessore che può
oscillare, tra i 15 e i 30 metri. In seguito però si
frammenta, e il nevaio si riduce, distaccandosi sempre di più
dalle pareti circostanti, con profonde intercapedini (crepacciate)
tra neve e roccia, larghe anche più di un metro e profonde
quanto il nevaio. L'acqua di fusione che scorre sul fondo, unita al
calore rilasciato dalle pareti, modellano il nevaio creando condotti
sotto di esso, esili ponti di neve, destinati poi a crollare e che,
pian piano, dividono il nevaio in più tronconi separati. A
fine stagione (seconda metà d’agosto) spariscono o quasi i
tronconi secondari mentre resiste bene la sua parte centrale, meno
ripida, più profonda e larga, con spessori del ghiaccio
(nevato) che arrivano a sfiorare i 20 metri. Più avanti nella
stagione (fine ablazione in genere metà ottobre), le
dimensioni si riducono ancora, e si attestano tra i 80-110mt di
lunghezza e i 20-30 di larghezza con una profondità massima
intorno ai 15-20 mt.
Il nevaio è
generalmente perenne, ma in annate particolari può ridursi
molto o addirittura scomparire. Nel periodo 1985 - 2007 è
scomparso più volte. Non è scomparso però nella
rovente estate 2003 a differenza del Ghiacciaio del Calderone che ha
subito una forte riduzione, e ciò conferma la relativa
indipendenza dalle temperature estive ma principalmente dalle
precipitazioni nevose che sono state particolarmente abbondanti
l’inverno 2002-03. Questo però lo rende molto vulnerabile in
annate con scarse precipitazioni invernali o quelle in cui la
circolazione principale è occidentale perché, come è
noto, non troppo congeniale in questa porzione meridionale del Gran
Sasso, situazione di certo migliore ma simile al Gravone o ai nevai
incastonati sulla parete nord del Camicia. Per questo motivo si è
quasi estinto nel 2001 (è sopravvissuto solo un piccolo nucleo
di ghiaccio di pochi metri cubi), dopo un inverno avaro di
precipitazioni nevose e di incursioni fredde orientali, fondamentali
per l'alimentazione per via eolica di questo nevaio, mentre è
totalmente scomparso nel 2007 a causa della completa mancanza di neve
invernale seguita da una torrida estate dominata costantemente
dall’anticiclone subtropicale.
D'estate la
copiosa acqua di fusione del nevaio genera uno spettacolare giardino
botanico naturale, con verde e fioriture tardive, e piccoli laghetti,
che contrasta con lo squallore dell'arido e secco Campo Imperatore.
L'acqua della fonte è quasi tutta captata da una presa
dell'acquedotto, e quella che resta finisce per perdersi nel terreno
carsico.
L'impluvio e
i canaloni attorno a fonte Rionne durante l'era glaciale dovevano
ospitare svariati piccoli ghiacciai di nicchia e di canaloni
ghiacciati che, confluendo tutti nel fosso del Rionne, probabilmente
alimentavano un piccolo ghiacciaio che riusciva a raggiungere la
Piana di Campo Imperatore. Le tracce sono ancora visibili, nonostante
la sua sede sia stata potentemente incisa dall'erosione e dal
carsismo. Sul fondo, all'incrocio dei canaloni, sono visibili
depositi glaciali con grandi massi, in alcune conformazioni incise
dall'acqua in modo simile ai calanchi. Rimane ancora oggi possibile
vedere le sezioni degli apparati morenici, sovrapposti agli strati
rocciosi della montagna. La morfologia della valle allo sbocco,
presso l'altopiano di Campo Imperatore, è ancora ad U, seppure
i versanti siano molto erosi. Qui doveva arrivare la piccola lingua
del ghiacciaio di sbocco dal vallone, dalla cui fusione si generava
il torrente glaciale che ha modellato una conoide. Su tutto
l'altopiano sono visibili grossi conoidi provenienti dal versante
meridionale del gruppo Brancastello-Prena-Camicia, alcuni dei quali
probabilmente dovuti all’erosione dei depositi prodotti dai piccoli
ghiacciai di nicchia e di circo che erano presenti in quasi tutto il
settore durante l’ultima era glaciale.
Il nevaio non è sopravvissuto all'estate 2008.
Il nevaio è sopravvissuto all'estate 2009.
Cristiano Iurisci e Fabrizio Sulli
Per gentile concessione del CAI stesso (grazie Cristiano!)
Dati CAI de L'Aquila anni '70 (?)
area di 1.3 ha c.ca spessore di mt 15 (1970-2290)
Si sottolinea che non è chiaro perchè il nevaio sia "permanente", difatti vi è
un bacino di raccolta esiguo. Si sottolinea la presenza di una cresta che lo protegge al sole da S e che consente l'irraggiamento del sole solo in alcune ore del giorno anche in estate.
Articolo gentilmente rivisto dal dott. Massimo Pecci
Nei pressi del bivio per Santo Stefano di Sessanio,al limite
delle collinette moreniche, dove è montata una staccionata con piccolo
recinto, si diparte una piccola sterrata che segue il percorso
dell'acquedotto. Lasciata la macchina sulla strada asfaltata, si segue
la sterrata lungo il percorso dell'acquedotto, indicato ance da cippi
di confine in pietra. La stradina punta verso monte Prena e
m.Infornace, con evidenti i 3 canaloni. Siete in mezzo a campo
imperatore, con il Gran Sasso che fa bella mostra di se alla vostra
sinistra. Avvicinandosi alla base della montagna si dovrebbe vedere il
casotto dell'acquedotto, dopo aver attraversato un greto sassoso,
sempre puntando verso la base dei canaloni ed andando leggermente a
sinistra. Arrivati al casotto, termina la sterrata ed inizia il
sentiero che prima si tiene a mezza costa con il fosso alla vostra
sinistra, poi scende sul greto sassoso. Davanti a voi vi sono varie
colline moreniche con grossi massi, e i tre canaloni. Lasciato il fiume
di sassi, conviene portarsi sulla cresta erbosa ,e raggiungere senza
percorso obbligato una traccia che sale sul fianco sinistro del
canalone , con il vallone alla vostra destra e le prese dell'acquedotto
. La traccia si fa più evidente, e dopo aver superato un gradino
roccioso, si porta sul fondo del vallone dove scorre un ruscello con
limpide pozze d'acqua. Tra grossi macigni si risale il vallone, che
piega verso destra ed assume l'aspetto di una forra circondata da alte
guglie rocciose. Alla quota 1965m. circa dovrebbe iniziare il nevaio,
risalirlo è però possibile per pochi metri, se non con l'adeguata
attrezzatura alpinistica, specie a stagione inoltrata.
Risalire il nevaio, seppur con ramponi e piccozza, è
consigliabile fino a giugno, quando il nevaio è ancora unico e i ponti
di neve sono stabili e coperti. Altrimenti, (da luglio in poi), la sua
risalita diviene tecnicamente più difficile e può richiedere l’uso
della corda. In autunno da metà ottobre in poi il nevaio diviene un
ottimo luogo per esercitarsi in arrampicate su ghiaccio (o firn
ghiacciato), sfruttando le verticali intercapedini laterali, alte fino
a 20mt.
Per godere al meglio la vista del nevaio con il suo
paesaggio roccioso e selvaggio, è consigliata la visita da giugno a
settembre quando è possibile
Osservare anche la rara vegetazione pseudo-nivale lungo i suoi bordi e le cascatelle di acqua che il ruscello che origina.
Fabrizio Sulli e Cristiano Iurisci
8-2006
2003